Letterato italiano. Soggiornò alla corte di Galeazzo
Maria Sforza e di Ludovico il Moro, a Urbino e a Roma. A Bologna ricoprì
anche cariche pubbliche: nel 1527 fu gonfaloniere del popolo, e fondò
l'Accademia del Viridario, una delle più antiche della città.
Esponente della letteratura cortigiana, fu seguace di Serafino Aquilano, in
onore del quale curò, insieme con Colocci, Calmeta ed Equicola, le
Collettanee greche, latine e italiane (1504). Compose due poemi: il
Viridario (1513), composto in ottave, di struttura cavalleresca anche se
di argomento classico, e il
Fidele (1523), in terzine, in cinque libri di
venti canti ciascuno, con finalità quasi enciclopediche, nella forma del
poema dottrinale medievale di cui riprende anche l'artificio della visione. Con
le
Annotazioni della volgar lingua (1536), l'autore si difende dalle
accuse mossegli di usare un lessico provinciale e dialettale, asserendo che il
bolognese è il nucleo della lingua volgare del suo secolo. In forma di
satira, l'opera si scaglia contro il toscano e i toscanismi, rivelandosi quale
convinta difesa del dialetto bolognese (Bologna 1466-1538).